Dati a confronto dal 2015 a oggi: decessi più che raddoppiati e quintuplicati a Bergamo
Il consigliere regionale del Pd Samuele Astuti, professore a contratto dell’università LIUC, insieme a Massimo Cavallin ha analizzato la mortalità in Lombardia nel mese che intercorre tra il 23 febbraio al il 21 marzo per gli anni dal 2015 al 2020 (in base agli ultimi dati Istat disponibili). L’analisi è basata un campione di comuni che assomma più della metà, il 56%, della popolazione lombarda.
Per una mortalità che varia di pochi punti percentuali nei primi quattro anni, il 2020 spicca con un incremento del 113%. I deceduti sono quindi più del doppio di quanto sia avvenuto nello stesso mese degli anni precedenti, anche se i decessi riconosciuti Covid sono solo una porzione minoritaria.
Il dato, come è noto, non è omogeneo: in provincia di Bergamo i soli deceduti Covid sono superiori ai deceduti totali negli anni precedenti, ma non spiegano come mai nel periodo considerato, nel 2020 le morti siano state superiori del 400%, da 588 a 2668.
Discorso analogo vale per Cremona, dove l’aumento è del 232%, da 230 a 764, e per Lodi, che vede un incremento è del 211%, passando da 157 a 488. A Lodi, dove tutto è nato e sono evidentemente stati fatti più campioni, la quota di decessi identificati come Covid è di oltre la metà, pari a 254, ed è il dato di gran lunga maggiore di tutte le altre province.
In Provincia di Brescia, dove l’incremento dei decessi è ‘solo’ del 141%, passando da 629 a 1513, il dato dei morti Covid è fermo a 451, meno di un terzo del totale.
Molto più contenuti i dati di Milano, dove l’incremento di decessi è del 33% (da 1997 a 2657), di cui la metà riconosciuti come Covid.
“Il dato sulla mortalità è quello che colpisce di più – spiega Astuti – perché dietro ognuno di questi numeri c’è la sofferenza di una famiglia che oltre ad aver perso un proprio caro non ha neanche potuto assisterlo. Il dato ufficiale sulla mortalità da Covid19 presenta per la nostra regione dei dati anomali, con il picco a Bergamo, che non ha eguali in nessuna altra parte del mondo. Siamo stati evidentemente investiti da uno tsunami, ma se il settore ospedaliero ha provato a reggere l’onda d’urto, non così il sistema di medicina territoriale, che in Lombardia era già storicamente più debole rispetto agli ospedali e che dopo la riforma del 2015 è stato ulteriormente indebolito, tanto che in questa crisi è letteralmente collassato. Solo negli ultimi giorni la Regione ha introdotto le USCA (unità speciali di continuità assistenziale) per la sorveglianza dei sintomatici e dei pazienti riconosciuti Covid. Rimedio tardivo ma importante, che va rapidamente potenziato ed esteso. L’emergenza impone di superare questo elemento di debolezza del sistema lombardo, che ha altre notevoli eccellenze, ma non la rete della medicina territoriale.”
Milano, 5 aprile 2020