Ius Scholae subito! Approviamo una legge di civiltà
Ius Scholae subito! Approviamo una legge di civiltà
La puntata di oggi di Morning, il podcast quotidiano del vicedirettore de “Il Post” Francesco Costa, ci restituisce il paradosso di due storie contrapposte, agli antipodi.
Il comune di Montorio nei Frentani è uno dei tanti paesi del Molise che da fine Ottocento ha visto decine e decine di suoi abitanti emigrare verso il nord Europa o ancor più spesso verso il nord e il sud America. I residenti sono attualmente 361 ma, da alcuni anni a questa parte, gli iscritti all’anagrafe nel comune molisano sono molti di più.
In Italia è difatti in vigore una legge sulla cittadinanza che segue il principio dello Ius Sanguinis. Principio secondo cui chi possiede almeno un genitore con cittadinanza italiana, o avente diritto, eredita il diritto di richiedere tale condizione.
Sono numerosissimi i discendenti di italiani emigrati nel mondo che ogni anno richiedono la cittadinanza senza che sia richiesta loro la conoscenza della lingua italiana né che abbiano risieduto tot anni in Italia. Tale mole di richieste avviene anche perché il passaporto italiano è uno dei più vantaggiosi al mondo e permette di entrare in quasi tutti gli stati senza la necessità di richiedere il visto.
Al comune di Montorio nei Frentani sono ben 706 i residenti all’estero iscritti all’anagrafe, circa due volte la popolazione effettivamente residente, e altri 100 sono in attesa di trascrizione.
Tra le varie conseguenze vi è l’influenza che ciò ha sull’affluenza alle elezioni e soprattutto ai referendum, per cui non è possibile votare all’estero, e dunque i residenti all’estero risultano parte del corpo elettorale.
Prendiamo ad esempio le ultime elezioni europee: i votanti sono stati 181 pari al 20% degli aventi diritto ma nella realtà si tratta di più del 50% dei residenti realmente nel paese. In casi come referendum o elezioni amministrative con un solo candidato sindaco ciò può risultare determinante.
Se da un lato abbiamo dunque decine di migliaia di famiglie che da generazioni non risiedono in Italia, dall’altro si verifica una condizione opposta e assurda: la storia di Yasamin.
Yasamin è nata 34 anni fa a Treviso da padre iraniano e madre inglese, ha frequentato tutti i cicli scolastici in Italia ad eccezione della quarta elementare (La famiglia si trasferì in Inghilterra nel tentativo disperato di salvare, presso un centro oncologico d’eccellenza, la madre malata di un tumore maligno che se la portò via).
Finite le superiori, iniziò gli studi di medicina a Bologna quando anche il padre purtroppo morì e fu costretta a svolgere diversi lavori part-time per potersi sostenere.
In Italia per poter richiedere la cittadinanza è necessario risiedere ininterrottamente su suolo italiano per dieci anni e dimostrare che il nucleo famigliare di appartenenza sia autonomo economicamente da almeno tre anni.
Yasamin ancora oggi non rientra in questi parametri…l’anno passato in Inghilterra non le ha permesso di vivere dieci anni consecutivi nel nostro paese. Dopo dieci anni dal suo ritorno in Italia era già rimasta orfana e non possedeva, da studentessa e lavoratrice part-time, il reddito necessario per sostenere lei e i suoi due fratelli.
Yasamin si è laureata e lavora come dottoressa specialista al Policlinico Sant’Orsola di Bologna, ogni giorno serve il nostro paese operando nel nostro Sistema Sanitario Nazionale. A 34 anni non può ancora richiedere la cittadinanza, se tutto andrà per il meglio le potrà richiedere tra 24 mesi e dovrà aspettare ulteriori quattro anni per riceverla (la burocrazia in Italia non è proprio rapida).
In aggiunta, avendo cittadinanza iraniana e inglese deve ciclicamente richiedere il permesso di soggiorno essendo cittadina extracomunitaria, in seguito alla Brexit.
Queste due storie rappresentano sicuramente due casi limite ma sono moltissimi i bambini e i ragazzi che studiano nel nostro paese e che hanno diritto alla cittadinanza italiana solo dopo molti anni e traversie.
Quest’estate si è tornato a discutere della possibilità di modificare la legge sulla cittadinanza secondo il principio dello Ius Scholae, principio secondo cui un bambino o ragazzo ottiene la cittadinanza nel momento in cui completa nella sua interezza un ciclo scolastico (ad esempio i cinque anni della scuola primaria).
Nella destra italiana si sono subito alzati gli scudi verso una riforma che “non tiene conto della difesa della cultura italiana” … ma allora… perché chi vive in Brasile e ha la cittadinanza in quanto un suo antenato partì da Montorio nei Frentani nel 1880 e non parla italiano ne ha diritto e chi studia nelle nostre scuole, è in classe con i nostri figli e gioca nelle nostre società sportive no? Perché? Perché…
Mi auguro che si possa arrivare in tempi brevi all’approvazione dello Ius Scholae, una legge di civiltà che Yasamin e migliaia di ragazzi e ragazze attendono da troppo tempo.